Renzo Francescotti

a Alberto Fiorenzato

Ci sono alberi viventi da secoli,
nei loro strati serbano la storia,
si sviluppano placidi, potenti
allargano i cerchi della memoria.

Ci sono piante al filo dei burroni
Che mai hanno provato la vertigine,
sono felici, si sporgono in fuori.
Gridano come fanno i rocciatori

Ci sono piante che urlano nel vento
Il terrore da’essere violentate.
Alberi innamorati della luna
(palpitano i loro cuori di legno).

Ci sono piante sociali nei boschi,
altre in solitudine come monaci,
ci sono alberi secchi, disperati
tendono i loro rami agli impiccati.

Tu li dipingi tutti dopo averli
Interrogati: alberi umanizzati.
Scorre la linfa come scorre il sangue
In cui è inscritto un comune destino.


TRENTINO MESE
Bottega da’artista

La’alto Garda è uno splendido territorio (io ne sono innamorato), trentino, ma con una’anima mediterranea. Prima di me questo \”piccolo mare calato tra i monti\” – come mi piace definirlo ha affascinato personaggi come Goethe, Kafka, da’Annunzio, Mussolini…
Sul numero scorso ho parlato di un artista tedesco-trentino, Ernesto Luigi Hages, che vi risiede per alcuni mesi alla’anno. Ora è la volta di Alberto Fiorenzato, artista padovano-trentino, che dalla città del Santo \”scappa via\”appena può per venire a stare nel famoso borgo medievale di Canale di Tenno, abitando una’antica casa restaurata con amore. \”Padovano-trentino\”, ho definito Fiorenzato. Ma in che misura \”trentino\”? Andiamo un poa’ indietro con la moviola. Nel 1984 Alberto va nello studio padovano di Gianni Longinotti, per acquistare un suo dipinto. Longinotti – scomparso a 80 anni nel 2007 è in quel periodo un pittore di fama nazionale che ha inoltre il merito di esser stato un pioniere nella salvaguardia e nella valorizzazione di Canale di Tenno, vale a dire di uno dei piú bei borghi da’Italia. La’incontro con Longinotti è determinante.
\”Cominciammo a frequentarci racconta e dopo un breve periodo, a scadenza quasi settimanale, entravo nello studio di Longinotti e sotto i suoi insegnamenti iniziavo decisamente a dipingere. Il rapporto e la stima reciproca si intensificavano sempre di piú e il maestro cominciava a coinvolgermi nelle sue opere. Dipingevamo, fumavamo, programmavamo assieme, ridevamo assieme…\” Nel 1991, Alberto acquista, accanto alla casa-museo di Longinotti, una porzione di un antico edificio abbandonato, restaurandolo. Alberto, di professione architetto, era stato sino ad allora un pittore sostanzialmente autodidatta. Longinotti gli parlò della gande tradizione della pittura veneta e non solo: gli fornì i \”fondamentali\”, gli insegnò i segreti della pittura ad olio, gli suggerì di allargare il respiro delle sue tele, gli diede la’esempio di una eccezionale pittura di memorie coma’è la sua. Insomma gli fece da maestro e anche un poa’ da padre.
Alberto aveva esordito a soli 19 anni con una mostra a Padova. Erano opere in cui prevaleva una grafica surreale, che guardava soprattutto a Dalì, alle sue opere inquietanti. Per spiegarlo bisogna tener presente che Alberto era stato un bambino solitario, timidissimo: senza amici e senza giochi (se non quelli immaginari che riusciva spesso a inventarsi), senza attività ludiche e sportive con i suoi coetanei, periodicamente afflitto da misteriosi mali. Apparentemente gracile, in seguito divenne un bel ragazzone e poi un uomo con barba e folti capelli inanellati, che avrebbe potuto figurare alla grande nei film biblici. Un tipo che attraeva le donne, le quali (Alberto si è sposato a solo venta’anni) hanno avuto un ruolo da protagoniste nella sua vita e nella sua pittura. E alle donne, ai ritratti delle due mogli che ha avuto (la prima, Ornella, una ragazza molto piú giovane di lui, allegra e solare, e la’attuale, Luisa, ancha’ella molo piú giovane di lui, una donna sensibile e stimolante che lo convincerà a divenire padre della loro figlia Greta) Alberto dedicherà alcune tele indimenticabili.
Il suo immaginario è fatto soprattutto di alberi: di alberi solitari o di alberi in associazione, ovvero di boschi, in lavori che lui connota spesso con titoli estesi, meditativi e lirici come \”Andare per boschi il mese di novembre, sedersi e ascoltare\”. Il suo è un lungo viaggio attraverso gli alberi e i boschi, in tavole quasi monocromatiche, in cui prevalgono i grigi e gli scuri, un viaggio dantesco tra \”selve oscure\” in cui alla fine, impensabilmente, esplode il colore: il rosso amaranto in \”Notturno\” (2008), il giallo oro antico in \”Tra i pioppi con il giallo del sole\” (2013); il rosso scarlatto in \”Perso tra i pioppi\”, dello stesso anno. Poi ci sono i ritratti. è del 1982 \”Il mio ritratto \”, dedicato a Eugenia Zanvello Anselmi, la psicanalista di tipo freudiano che lo sosteneva. Il nostro Alberto si ritrae addobbato in indumenti difficilmente definbile, con un poncho lacero a emblematizzare la precarietà delle sue condizioni psicologiche, ma anche quelle della condizione umana. Quasi bucando la tela ci viene incontro, anzi addosso, un Alberto Fiorenzato giovane e baffuto, che sta fotografando. Punta la’obbiettivo su di noi, anzi, inquietantemente contro di noi.
Poi ci sono i ritratti femminili come quello dedicato a Elena, un nudo di una travolgente energia erotica. E quello dal titolo \”Luisa\”, la moglie di Alberto, colta mente si sporge da una coperta-drappo cezanniana. E poi il ritratto della giovanissima figlia Greta, che emerge da acque marine in una visione notturna. Nel filone dei grandissimi ritrattisti veneti quali Giorgione e Tiziano, Fiorenzato ci regala alcune immagini che emanano una’energia icastica e sono tra le sue creazioni piú significative.
Dopo gli alberi e i ritratti, i paesaggi e le marine. I paesaggi sono specialmente quelli dei Colli Euganei, vicini a Padova, in cui vaga il fantasma di Francesco Petrarca che dopo gli anni di soggiorno in Provenza dove aveva incontrato la’innamora¬mento per Laura – venne a stabilirsi ad Arquà, trovandovi la morte e la sepoltura.
Alberto vi rivela anche la sua abilità di architetto e quindi particolarmente affidabile sia nella prospettiva di ampi spazi, che negli scorci architettonici. Infine le marine come \”Un ricordo del mare\”, \”Mareggiata\” (2007) o (altro titolo fiume) \”Vorrei salire e vedere nuovi e raggiungibili orizzonti\”, un quadro in cui si librano gabbiani in volo a tentare di bucare marosi che si impennano, con una picca figura umana che sembra sovrastata dalla’immensità della natura.
\”Trentino\” Alberto lo è non solo perché appena può fugge nel Borgo Medioevale di Canale, ma perché fra gli artisti trentini ha molti amici, a cominciare dai componenti degli \”Amici della’arte\” di Riva del Garda, Associazione di cui è socio. Nei prossimi mesi, alla Galleria Civica di Riva del Grada, organizzata dalla sua Associazione è prevista una’ampia esposizione di oltre quaranta’anni di pittura di Fiorenzato (una mostra che non ha mai potuto tenere finora nella sua città di Padova…). E sarà supportata da una’ampia monografia che ripercorre tutto il suo itinerario artistico. Per realizzarla il nostro Alberto ha scelto chi scrive: ovvero, guardacaso, un critico trentino…


Febbraio 2015
Renzo Francescotti